mercoledì 14 luglio 2010

Il divieto di partecipazione alle gare per i soggetti che gestiscono servizi pubblici in affidamento diretto L’interpretazione restrittiva del TAR Lombardia

Un’interpretazione notevolmente restrittiva dell’articolo 23bis, comma 9, della L. 133/2008, è stata fornita di recente dal TAR Lombardia - Milano nella sentenza 16/6/2010, n. 1845.
Il giudice amministrativo, nella decisione citata, ha affermato, in estrema sintesi e per quanto qui d’interesse, con riferimento ad una gara d’appalto per l’affidamento di un servizio di prelievo e trasporto di rifiuti, i seguenti principi:
- una società per azioni non quotata in borsa, anche se partecipata totalmente da altra società, quest’ultima quotata, non può beneficiare della deroga al divieto
stabilito dall’articolo 23 bis, comma 9, della L.133/2008, perché tale deroga è prevista esclusivamente per le società quotate nei mercati regolamentari;
- il gestore uscente di uno specifico servizio non può partecipare alla procedura di gara per l’affidamento del medesimo, beneficiando dell’altra esenzione dal divieto prevista dalla norma, se contemporaneamente gestisce in affidamento diretto servizi
pubblici presso altri enti locali.
La sentenza non mi pare del tutto condivisibile.
1) Già l’articolo 113, comma 6, del decreto legislativo 267/2000 aveva stabilito che non fossero ammesse a partecipare alle gare per l’affidamento di servizi pubblici locali le società che, in Italia e all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto o di procedure non ad evidenza
pubblica, o per effetto dei relativi rinnovi.
Tuttavia, con la disposizione contenuta nell'articolo 113, comma 15 quater, aggiunto dall'art. 4, comma 234, della legge 24 dicembre 2003 n. 350, era fatta comunque salva la possibilità per gli affidatari diretti di prendere parte alle prime gare indette dopo il periodo transitorio ed aventi ad oggetto gli stessi servizi forniti
dalle società partecipanti alla gara stessa.
La richiamata norma di cui al comma 15 dell’articolo 113 era stata adottata allo scopo di consentire alle imprese affidatarie dirette che si erano date una struttura per porsi anche in concorrenza sul libero mercato di non dissipare i notevoli investimenti cui avevano dato luogo.
È chiaro che, "a regime", tali imprese non potrebbero godere del doppio privilegio di ottenere sia affidamenti diretti sia di partecipare a gare in libero mercato, se non entrando in contrasto con i principi generali, ma è altrettanto chiaro che l'immediata esclusione delle stesse dalle gare in questione avrebbe creato a sua volta
una disparità di trattamento e una improvvisa posizione di favore per le altre imprese
che si sarebbero viste cancellare immediatamente potenziali concorrenti in grado di competere sul libero mercato.
È ragionevole, quindi, nell'ambito di discrezionalità che gli compete, che il legislatore abbia previsto il termine in questione, che consenta alle imprese interessate, sia quelle già affidatarie sia quelle operanti senza precedenti affidamenti diretti, di riorganizzarsi per competere nei rispettivi ambiti di interesse (in questo senso: TAR Lazio, sezione II ter, sentenza 18 luglio 2007, n. 6698).
L’articolo 23bis, comma 9, della legge 133/2008 ha ribadito il divieto di partecipazione sopra indicato, ma anche – nella formulazione originaria – la deroga in relazione alle prime gare indette dopo il periodo transitorio ed aventi ad oggetto gli
stessi servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa.
L’interpretazione proposta dal TAR Lombardia nel pronunciamento citato ottiene invece l’effetto di paralizzare la possibilità per i soggetti già affidatari diretti di partecipare anche alla cosiddetta “prima gara” e appare perciò irragionevole e contraria all’intento perseguito dal legislatore.
2) Si può dubitare della compatibilità con l’ordinamento comunitario della disposizione di cui all’articolo 23 bis, comma 9 citato, specie se interpretato restrittivamente come pretenderebbe il TAR Lombardia.
Il problema di una possibile distorsione della concorrenza a motivo della partecipazione ad un appalto pubblico di enti che vanterebbero una posizione privilegiata rispetto a quella degli operatori privati grazie a finanziamenti pubblici che vengono loro erogati, non può essere risolto con una aprioristica esclusione degli stessi.
Un’amministrazione aggiudicatrice, infatti, ha precisi obblighi e facoltà, ai sensi dell’articolo 55, n. 3, della direttiva 2004/18, in caso di offerte anormalmente basse dovute alla circostanza che l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato. La Corte di
giustizia europea ha riconosciuto che l’amministrazione aggiudicatrice ha l’obbligo, o quanto meno la facoltà, di prendere in considerazione l’esistenza di sovvenzioni, ed
in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano (vedi, in tal senso, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-94/99, punto 29; sentenza 23 dicembre 2009, C-305/08, punti 32-34).
Dunque, il problema degli aiuti di Stato dovrebbe affrontato in sede di eventuale verifica di anomalia dell'offerta e non in altre fasi del procedimento di gara.
3) In ordine alla esenzione dal divieto di partecipazione relativa alle società quotate, la norma non chiarisce se dell’esenzione beneficino anche le società del gruppo quotato. Il TAR Milano ha risposto, come si è visto, in senso negativo.
Si tratta di una soluzione ermeneutica contestabile, almeno per le società unipersonali e per le società controllate dalla capogruppo quotata, che alla luce anche delle disposizioni in tema di consolidamento dei conti e di quelle in tema di direzione e coordinamento, paiono strumenti organizzativi della società controllante.
Si deve poi osservare che il testo dell’articolo 23bis attualmente vigente differisce da quello applicabile, ratione temporis, alla fattispecie affrontata dal TAR Lombardia nella citata sentenza 1865/2010. La norma, coordinata con le modifiche
apportate dall’articolo 15 del DL 135/09, come convertito in legge, ora prevede, per quanto d’interesse, che i soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla
cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti.
In base a tale previsione è stata ampliata in modo significativo la possibilità per i soggetti attualmente beneficiari di affidamenti diretti di partecipare a tutte le prime gare indette sul territorio nazionale per l’affidamento dei servizi da essi gestiti, mentre la disciplina precedente limitava la possibilità di partecipare soltanto alla
prima gara svolta nel proprio contesto territoriale di riferimento per l’affidamento del servizio da essi gestito.